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Immagine del redattoreBiba Art Studio

Abbiamo tempo fino al 21 Novembre per immergerci nell'arte e curiosare nella casa di Giacomo Balla, uno dei più noti esponenti del movimento futurista che, soprattutto dopo la morte di Umberto Boccioni, ne divenne l'assoluto protagonista tanto che dal 1916 iniziò a firmare le sue opere con lo pseudonimo di FuturBalla.


Chiamò le sue figlie Luce ed Elica, quali nomi sarebbero stati più adatti per la prole di un uomo così illuminato, moderno e aperto al futuro come era appunto Balla? Eppure, anacronisticamente, le due ragazze, e future artiste, vissero quasi recluse all’interno della Casa d’arte Balla di via Oslavia a Roma dove si trasferirono nel 1929.


Purtroppo nel corso degli anni con l'enorme popolarità, anche politica, raggiunta dal Futurismo, l'arte e gli ideali che lo avevano animato inizialmente, scemarono nel più bieco interesse economico, come spesso accade.

Così Balla torna all'arte figurativa non prima, però, di averne comunicato ufficialmente i motivi che lo spinsero a questa scelta: «Avevo dedicato con fede sincera tutte le mie energie alle ricerche rinnovatrici, ma a un certo punto mi sono trovato insieme a individui opportunisti e arrivisti dalle tendenze più affaristiche che artistiche; e nella convinzione che l'arte pura è nell'assoluto realismo, senza il quale si cade in forme decorative ornamentali, perciò ho ripreso la mia arte di prima: interpretazione della realtà nuda e sana.»

Da Giugno, per la prima volta, grazie all'iniziativa del museo Maxxi di Roma e del progetto curato da Bartolomeo Pietromarchi e Domitilla Dardi, Casa Balla è stata aperta al pubblico ed è come entrare in un mondo a parte, quasi magico. Svegliarsi, vivere, dormire e respirare immersi, letteralmente, in una vera e propria opera d'arte: non a caso entrambe le figlie di Balla divennero note artiste.


Giacomo Balla visse nella sua "opera d'arte" in Via Oslavia dal 1929 fino alla sua morte.

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Aggiornamento: 4 ott 2021


"Ballerina", Biba Art Studio, collage 2020
"Ballerina"

Alcuni artisti e critici d'arte sono ben lungi dal considerarlo una forma d'arte. Eppure il collage non solo ha una storia millenaria, le prime testimonianze le troviamo in Cina come diretta conseguenza dell'invenzione della carta ma è in Giappone che abbiamo le prime testimonianze all'inizio del X secolo e più avanti, in Europa, nelle illustrazioni dei manoscritti di anatomia. Sarà solo nel XV e XVI secolo che ritroveremo il collage declinato in una nuova forma d'arte, impreziosita da pietre preziose e foglie d'oro nelle maestose e suggestive cattedrali gotiche.


Picasso e Braque diedero finalmente il posto che spettava al collage nella storia dell'arte e nel 1912 Picasso cominciò a creare usando più materiali oltre alla sua pittura: stoffe, giornali, pacchetti di sigarette, scatole di fiammiferi, carte da gioco mentre George Braque adottò la tecnica del collage nei suoi disegni a carboncino. Nonostante ciò si parla ufficialmente di "arte" del collage solo con John Heartfield che nel 1924 la usò come arma satirica contro Hitler e il Nazismo usando per la prima volta la fotografia. George Grosz, ricorda: "Quando John Heartfield ed io inventammo il fotomontaggio, nel mio studio, alle cinque di una mattinata di maggio nel 1916, nessuno dei due aveva idea delle sue enormi potenzialità, né della strada spinosa ma piena di successo che ci avrebbe aspettato. Come spesso succede nella vita eravamo inciampati in un filone d'oro senza nemmeno accorgercene".


Tra gli altri pionieri di questa versatile forma d'arte ricordiamo Hanna Höch, Paul Citroen, Michael Mejer, Raoul Hausmann oltre ai grandi movimenti come Bauhaus, Dada e il Surrealismo.



Georges Braque

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Aggiornamento: 30 ago 2021


I grafismi geometrici che hanno creato uno stile denominato Optical tra gli anni ’60 e ’70, hanno influenzato la moda e l'arte rivoluzionando il design di quegli anni.


Questa tendenza deve molto a Bridget Riley che, alla fine degli anni '50, dette vita ad un suo personalissimo stile che, ispirandosi al puntinismo, cominciò a "giocare" con gli effetti ottici. Anche i grafismi degli anni '20 e '30 le furono sicuramente di ispirazione e uno dei massimi esponenti del bianco e nero geometrico di quegli anni fu Victor Vasarely.


L'Optical Art ottenne uno dei suoi massimi riconoscimenti dal Bauhaus ma è indubbio che sia arrivato alla gloria negli anni '60 grazie a movimenti artistici come il Neo-Impressionismo, il Dadaismo, il Futurismo e il Cubismo.


Mary Quant, Balenciaga, Yves Saint Laurent, Paco Rabanne sono gli stilisti che hanno reso l'Optical Art un segno inconfondibile nel fashion anni '60 e '70.

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